mercoledì 28 luglio 2010

La corrida in Spagna: ecco cosa succede

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Una cara amica spagnola mi ha invitato da lei, a Pamplona, proprio nei giorni di San Fermìnes. Grazie a lei in quei giorni ho vissuto come una spagnola e, purtroppo, come una spagnola ho rispettato la tradizione: ho visto l'encierro e sono andata a una corrida.
Vi racconterò quest'ultima. Non so voi, ma prima di questa esperienza io pensavo che la corrida fosse "solo" l'incontro tra un toro stanco e un torero pronto a tormentarlo. Mi sbagliavo di grosso. E' stata un'esperienza molto dura per me, ma mi è servita per capire fin dove può spingersi l'essere umano.

Vestiti di bianco e rosso, come da rigorosa tradizione sanfermines, il tutto inizia al supermercato, dove con mio stupore compriamo una pattumiera di plastica da 25 litri, come quella in foto.
Capisco presto che questo sarà il contenitore per la sangria che ci porteremo nell'arena.
Preparata la sangria, ci dirigiamo bellamente con questa cisterna alcolica all'entrata indicata sul nostro biglietto (costo: 22 euro). La polizia e la sicurezza non battono ciglio: pare che sia normale che gli spettatori entrino con barili di alcool.
Ci dirigiamo nel nostro settore: è nella metà che rimane al sole. Al contrario della metà all'ombra, dove si va per seguire la corrida, qui tutti fanno fiesta e, mi dicono, non si fa altro che cantare, bere e lanciare sangria nei settori sottostanti: in realtà il toro quasi non lo si vede. Rimango perplessa, ma decido di sperare che sia veramente così.

Mi siedo, e in breve tempo la mia maglia bianca diventa viola, dalla sangria che mi piove addosso. Quando mi arrivano in testa un mezzo limone e un cubetto di ghiaccio, inizio a ridere meno.

Nel frattempo inizia la corrida: entrano i picadores, i toreros e il matador, che sfilano a turno e con aria trionfante si posizionano sotto al punto della tribuna dei giurati, cioè coloro che decidono se il toro va ucciso o se invece può essere graziato (se è "stato bravo" e non ha tentato di incornare i toreros). Dopo la sfilata dei prodi guerrieri i toreros fanno stretching e si posizionano nell'arena con i drappi gialli e rosa. Per la cronaca: i tori vedono in bianco e nero, ed è lo sventolare del drappo che lo infastidisce, non il colore.
Il toro viene fatto entrare, e i toreros fanno di tutto per farlo stancare. Lo tormentano poi si nascondono dietro a dei paraventi bassi, a lato dell'arena: li vedete nella foto all'inizio del post. In questo modo, il toro tenta di incornarli ma si fa solamente male contro il legno del paravento, e loro non si fanno nulla. Coraggiosi, vero?

Dopo di ciò, entrano i picadores: uomini a cavallo che hanno il compito di ferire il toro sul garrese, inserendovi delle lance acuminate. Bel divertimento, eh? Oltretutto il cavallo che li sorregge è bendato e bardato su tutto il corpo da una specie di armatura, perchè il toro tenta di incornarlo per difendersi. Una volta usciti i picadores, ecco un altro giro di toreros a cui segue, infine, la parte più crudele, che ha trasformato in singhiozzi disperati le lacrime che mi scendevano sul viso.

Entra nell'arena il matador, che cammina volutamente piano, dà le spalle al toro, tiene il petto in fuori e incita la folla ad applaudirlo. Ostenta sicurezza o, a seconda dei punti di vista, ostenta ignoranza allo stato puro. Anzi, brado.
Si avvicina al toro più volte per inserirgli nuove lance nel garrese. Quando il toro si avvicina troppo, i toreros riemergono dai paraventi (parac***) per attrarre la sua attenzione e distrarlo. Poi tornano a ripararsi. Altra ardita prova di coraggio. Sotto la luce del sole, si vede il sangue che sgorga e scintilla dal collo del toro.

Questo simpatico giochetto continua un pò fino a che il matador, dopo l'ok della giuria, inserisce due lunghe spade acuminate nella gola del toro. Poi continua a tormentarlo e stuzzicarlo fino a che al toro, stremato e già morente, non cedono le ginocchia. L'animale si accoccola sul terreno. Sbuffa. Il matador continua a infilargli lance nel garrese sotto gli applausi della folla. Il toro brontola e subisce, e chiude gli occhi. Muore.
Grandi applausi, il matador che si fa acclamare dalla folla, sangria che continua a volare tra i cori degli spalti, e i picador che entrano a cavallo, legano il cadavere del toro ai cavalli e lo trascinano fuori. Una lunga striscia di sangue si mischia alla sabbia.
Olè.

Se siete arrivati a leggere fino a qui, spero che gioiate con me per questa notizia, e che vi uniate a me alla prossima manifestazione contro la corrida.
Yo soy antitaurina, y tu?



mercoledì 7 luglio 2010

Confestetica, [Comfort Zone] e la reputazione online

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Aggiornamento:
ecco l'ultima puntata della saga Confestistica vs [Comfort Zone].

Vi copio qui sotto la tanto attesa risposta di [Comfort Zone]. Tanto attesa da chi? Da Confestetica in primis, che più volte ha sollecitato una reazione dell'azienda; ma sinceramente anche da me. Da appassionata di social media ero curiosa di vedere come si sarebbero mossi a Parma.
Ecco cosa hanno pubblicato gli amministratori di una delle pagine fan di [Comfort Zone] su Facebook :

Non e' nostra abitudine gridare bensì lavorare sodo
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Non e' nostra abitudine gridare bensì lavorare sodo, con passione e professionalità, per creare prodotti, rituali e progetti che rendano ancora più bello il settore dell'estetica e del benessere, e' cosi da 12 anni per noi e per chi negli anni, da tutto il mondo, si è unito a noi per sviluppare nuove idee, proporre o utilizzare nel proprio lavoro quotidiano un sistema che vuole prima di tutto garantire sicurezza, risultati visibili e un'esperienza armoniosa e indimenticabile. Siamo un brand che "si prende cura", come indicano le parentesi di [ comfort zone ] che sono due braccia, due mani amorevolmente aperte e accoglienti. Siamo uno spazio, una zona dove incontrarsi, ritrovarsi, esprimersi creativamente. Siamo una realtà fatta di persone che vogliono dare il massimo, come crediamo abbiano fatto i nostri collaboratori fino ad ora. Umani e appassionati? Certo, alle volte anche fino al punto da "provocare" apertamente, e pertanto senza cattiveria, per ricordare che dotarsi di apparecchiature che garantiscano il massimo della sicurezza possibile e' una scelta importante per sé e per chi serviamo ogni giorno. La salute e la sicurezza vengono prima ancora della bellezza. E la calma segue alla tempesta che spesso nei suoi toni rischia di portare lontano. Chi ci conosce sa come siamo, conosce la nostra qualità e il nostro impegno. Chi non ci conosce, se vuole, non si fermi alle parole: ci scopra. Amiamo il web che apre dei canali di comunicazione, ma nulla vale di più di una stretta di mano, di un incrocio di sguardi, di un insegnamento da apprendere e trasferire nella vita professionale di tutti i giorni. Chi vuole, ci venga ad incontrare. Siamo certi, percepirà il nostro rispetto, il nostro spessore, il nostro esserci negli anni in piccoli centri e grandi spa che ugualmente ci rendono orgogliosi perché è lì dove i nostri sforzi acquistano un senso...nella soddisfazione di estetiste che vedono le loro clienti ritrovare serenità e bellezza, grazie alla loro professionalità e a ciò che abbiamo messo a loro disposizione. E' questa la ragione del nostro silenzio: più che le parole contano i fatti e i clienti affezionati, soddisfatti e leali negli anni . Come noi.
Ringraziamo chi spontaneamente si è sentito in dovere di difendere ciò per cui lavoriamo, e chi contribuisce alla nostra crescita con osservazioni e spunti e ci permette di migliorare ogni giorno".

dall'appassionato management di [ comfort zone ]
Mi è piaciuto come si sono descritti: umani e appassionati.
Da questa dichiarazione scaturisce la voglia di [Comfort Zone] di impegnarsi più nella qualità dei propri prodotti che nelle polemiche web.

Insomma, credo che abbiano fatto bene a pubblicare questo intervento, anche se forse non hanno replicato direttamente all'affermazione di Confestetica: "Se tu lavori per un'azienda sei l'azienda, la rappresenti sempre e comunque".
Ma credo che siano andati oltre: hanno dimostrato il contrario, cioè che in un caso del genere una buona azienda sa rappresentare (e difendere) non solo il proprio lavoro, ma anche i propri dipendenti.



giovedì 1 luglio 2010

E se ti licenziassero per quello che scrivi nel tuo profilo personale Facebook?

15commenti
Come ti sentiresti se qualcuno attaccasse la tua azienda per quello che tu hai scritto sul tuo profilo personale Facebook? La tua azienda dovrebbe forse licenziarti, per questo? C'è chi pensa che sì, "se lavori per un'azienda la rappresenti sempre e comunque". Chi? No, non io.

Vi riassumo in poche righe il caso in questione (la disputa completa la trovate qui): il sig. Angelo Silva ha pubblicato con il suo profilo personale Facebook un commento-provocazione sulla bacheca Facebook di Confestetica (Confederazione Nazionale Estetisti). Ecco qui sotto il commento.

Come potete vedere, il profilo ufficiale di Confestetica, nella persona di Roberto Papa, ha risposto in modo irritato con frasi che attaccano l'azienda per cui lavora il sig. Silva, cioè l'azienda [comfort zone]. Due citazioni dalla risposta di Papa: "sarebbe più bello che un’azienda come Comfort Zone sostenesse la causa di Confestetica" e: "avendo conosciuto personalmente il suo capo lei non poteva esser diverso da lui" (oddio e questa cosa c'entra? mmm questa mi sa di rancori mai sopiti..brrr).

Confestetica ha poi rincarato la dose scrivendo vari articoli in cui attacca questa azienda di Parma. Ecco un titolo tra i tanti: "Ecco cosa Comfort Zone pensa delle estetiste". Ecco il link: ah no, scusate, niente link. Confestetica l'ha rimosso.

La domanda sorge spontanea: è giusto attaccare la reputazione di un'azienda intera per quello ha scritto, con il suo profilo personale, una persona che ci lavora?
Confestetica afferma: "Se tu lavori per un'azienda sei l'azienda, la rappresenti sempre e comunque". E' così? Quindi se lavoro per la Coca Cola devo bere Coca Cola sempre e comunque (sai che acidità di stomaco?!)? E utilizzando il mio profilo personale Facebook allora non posso scrivere "chi di voi beve l'acqua frizzante?".

E se è così, allora l'azienda dovrebbe licenziarmi se con il mio profilo personale oso esprimere pareri personali o lanciare provocazioni, con il solo scopo di condividere opinioni e informazioni? Non è forse (anche) per questo, che sono nati i social media?

Direi che questo sia un ottimo case-study di come si possa strumentalizzare l'utilizzo personale di profili privati di social network. Ottimo case study. Pessimo utilizzo dei social media.



 

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